Si apriva una finestrella, quattro lati intagliati a incudine col coltellino da tasca, si slurpava il cuore, se era ancora acerbo o malato l’anguria non la compravi e l’anguraio te ne proponeva un’altra. Il tocco sostituì la finestrella, con le nocche ti facevano sentire la risonanza, è perfetta, è la migliore ti dicevano, garentita, e tu ti portavi a casa anche angurie abitate. Vennero le angurie a muzzo (a caso), dai camìon te ne infilavano tre nel sacchetto al prezzo di una. Oggi al supermercato non so che fare, le osservo, non le capisco, le carezzo, un impiegato mi ferma: ma che fa signore, o le mette nel carrello o non meleguasti.
Nei giorni dell’anguria
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