C’E’ NELLA MORTE UN VISO

C’è nella morte un viso. Non è solo il viso dell’agonia. E’ un viso di colori. Di umori impossibili da segnalare sul libretto delle segnalazioni. Un viso di sogni riaffioranti, bambineschi. Un viso trasferibile solo nella testa di chi lo osserva. Personale e intraducibile agli altri. Un essente che, dopo un nervoso colpo di spugnetta sull’inox della memoria, va via.

CAMPI DI VERZURA E DI PARLAMENTI (“è buona la vena e la crusca per le pecore” anonimo internauta)

PEKORA

Però sentono il prurito e il fastidio delle mosche. Lamentano una mezza coda che non le sa difendere. Si dispiacciono a loro modo, non alzando mai gli occhi dalla terra, atei al cielo. Non danno confidenza, si lasciano carezzare a malavoglia, però, tosate, belano di felicità. Un cane pastore, un presidente del consiglio, ogni tanto alza la voce e loro si spostano di un centimetro, anche in fretta, poi il cane si tace e loro, catatonicamente, riprendono a manducare. Degli estranei, quelli fuori dal pascolo e dal parlamento, mangiano la foglia senza digerirla. Sono pecore in tutto e pertutto. Tutto da loro ci resta da imparare, manducando, tra parlamenti e campi di verzura.

PEKORE

AI TEMPI DELL’OLA’

Sarà colpa di Zygmunt Bauman? Può darsi. E’ che oggi ho cercato inutilmente nelle cucine, nelle lavanderie, nelle cantine delle mie mille case, un detersivo in polvere, da spargere sull’olio gocciolato proditoriamente sul cotto fiorentinissimo. Per amore dei topi non oserei ingannarli con la fragola omicida o con stocchi di Happenzeller stagionato. Dunque ho cercato l’Olà, l’Omo bianchissimo, razzistissimo che allietò la giovinezza di mia madre. Scomparsi come le farfalle, come le lucciole. Tutto liquido. Liquidi e oliosi il dash della lavatrice, il finish della lavastoviglie, le saponette da bagno e da cucina. Liquidato insomma il solido cremoso che fece la fortuna di Leonarda Cianciulli e di tutta Correggio. Sarà, senza scherzare, colpa di Zygmunt Bauman? Liquido tutto, anche nel WC del bar di Giovanni. Tranne il Jack Daniel’s che Giovanni ha messo da parte per me, nascondendolo al buio di un silos, in pillole.

* OLA’

POLYPUS IN DOMUM SUAM

Cmq, quando don Tricomi tentò di convertirmi al latino, disgiunsi il braccio da sposina, mi svincolai dai tentacoli dell’assoluzione, strinsi forte il fermo dell’italiano. Del volgare. Del popolare. Dell’antitedesco. Più, sopra di tutto, il siciliano che, come lingua, è olio di pietra e chiama le parole PALORI.

SEMPLICE (a Gianni Celati)


Se hai un indifferibile desiderio di Renato Gasparri o di Gennaro Migliore è semplice: pigia in qualsiasi ora del giorno o della notte il numero 3 o il 7. Impiastriccia anche, pigiandoli simultaneamente sul telecomando. Se hai un figlio, fortunato tu, non iniziarlo ai croissant. Se hai una forbicetta nello stomaco, statti muto. In testa un origami o un bonsai? L’albergo, la stanza 107, la saponetta di marca? statti muto. Se hai un indifferibile desiderio di te e non ti stai muto, non sarai mai uno di noi. E’ semplice.

* Primo dei 6 numeri dell’almanacco diretto da Gianni Celati

QUESTO E’ UN UOMO

Lanciatore di pietre, poi inventore di campanelle per frigorifero, poi sordo osservatore dei lenti movimenti di Marte, poi sperimentatore di un vaccino per gli strappi muscolari, poi esperto in modulistica MV35, poi affetto da Loprasor e Lasix e Novarsc e Mepral, poi ingegnere ginecologico, poi geranio mobile, turco tedesco, vedovo insolvente, castigo di dio, artifex, paramecio, artemicio della palestra di austropoli, insostanza in latino, un blu, un accidenti, divoratore compulsivo della propria carne e conclusivamente, esaustivamente,  vegano.